Onorevoli Colleghe e Colleghi! - La presente proposta di legge si ispira al principio generalissimo che le attività di cooperazione costituiscono, per la Repubblica nel suo complesso, oggetto di un dovere internazionale di solidarietà, reso oggi più che mai attuale dall'approfondirsi dei rapporti tra i popoli e tra gli Stati e dalla crescita delle disparità nelle condizioni di vita, ripetutamente evidenziata dai rapporti delle organizzazioni internazionali.
      Malgrado gli impegni presi dalla comunità internazionale, il divario tra i ricchi e i poveri del pianeta aumenta costantemente, e centinaia di milioni di esseri umani continuano a non avere accesso a diritti fondamentali come la salute, l'istruzione, il cibo, l'acqua.
      Due miliardi e ottocento milioni di persone, quasi metà della popolazione mondiale, sono costretti a sopravvivere con meno di due dollari al giorno. Questa situazione non è sempre determinata dalla povertà dei loro Paesi; negli ultimi venti anni, infatti, si è avuto un trasferimento netto di risorse finanziarie dal sud al nord

 

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del mondo, quale effetto di meccanismi economici e commerciali iniqui, nonché del peso insostenibile del debito estero.
      Questa tendenza va invertita, assicurando che il nostro Paese tenga finalmente fede agli impegni presi a livello internazionale per l'aumento e la riqualificazione dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo e per la coerenza di tutte le politiche verso i Paesi impoveriti.
      Secondo gli ultimi studi, in assenza di un maggiore impegno della comunità internazionale - stimato dalla Banca mondiale tra i quaranta e i sessanta miliardi di dollari aggiuntivi ogni anno fino al 2015 - gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio promossi nel 2000 dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) non verranno raggiunti.
      Il rischio concreto di un fallimento di portata storica per la comunità internazionale conferma la necessità e l'urgenza di dotarsi di strumenti adeguati per fare fronte alle sfide che il mondo si trova ad affrontare.
      L'Italia, per motivi culturali, storici e geografici, è chiamata a ricoprire un ruolo di primo piano nei rapporti tra nord e sud del mondo, anche attraverso una moderna ed efficace politica di cooperazione allo sviluppo.
      La cooperazione internazionale rappresenta uno strumento essenziale per la promozione della giustizia e della pace tra i popoli, oltre ad essere un dovere giuridico, previsto dagli articoli 1, paragrafo 3, 55 e 56 della Carta delle Nazioni Unite, resa esecutiva con legge 17 agosto 1957, n. 848.
      Venti anni sono passati da quando venne approvata la legge che tuttora è il riferimento principale in materia di cooperazione allo sviluppo, la legge 26 febbraio 1987, n. 49. Da allora sono intercorsi importanti mutamenti sulla scena internazionale: la fine della guerra fredda e del bipolarismo, rapidi processi di integrazione commerciale, la rapida ascesa di nuove potenze economiche, ma anche lo scoppio di inediti conflitti, massicce migrazioni, disastri ambientali, nuove emergenze sociali.
      Il nostro Paese deve misurarsi con tale nuova realtà, per questo è oggi necessaria ed urgente un'ampia riforma della cooperazione allo sviluppo.
      Come confermato anche dal peer review dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nell'Esame-Paese dedicato all'Italia, le pesanti inadeguatezze e i gravi ritardi che caratterizzano la politica di cooperazione italiana danneggiano la sua credibilità presso gli altri Paesi e le istituzioni internazionali e deludono l'opinione pubblica italiana, che è invece molto favorevole ad aiutare i Paesi più poveri.
      L'Italia non sta rispettando gli impegni presi a livello internazionale in materia di Aiuto Pubblico allo Sviluppo, in particolare al Consiglio europeo di Barcellona e alla Conferenza ONU di Monterrey sulla Finanza per lo Sviluppo, e oggi si colloca agli ultimi posti nell'elenco dei Paesi donatori.
      È dunque urgente garantire un incremento netto delle risorse destinate alla cooperazione, che permetta di raggiungere progressivamente e in tempi certi l'obiettivo dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo (PIL).
      Inoltre, l'Italia potrebbe contribuire all'individuazione e all'applicazione di meccanismi innovativi e addizionali per il finanziamento della cooperazione internazionale, tra cui prelievi internazionali sulle transazioni valutarie o sulle emissioni inquinanti e responsabili dell'effetto serra.
      Nondimeno, una cooperazione nuova ed efficace deve fondarsi su maggiori e più profonde innovazioni qualitative, non può limitarsi ad un incremento meramente quantitativo.
      La cooperazione internazionale deve contribuire all'aumento della giustizia e dell'equità nelle relazioni tra i popoli, favorire la ridistribuzione internazionale delle risorse, rafforzare i sistemi di partecipazione e riequilibrare i sistemi di governance internazionale. Deve sostenere programmi e progetti finalizzati alla lotta alla povertà, alla prevenzione dei conflitti, alla tutela e alla rigenerazione dei beni comuni, alla protezione dell'ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità.
      Deve essere orientata ad uno sviluppo sostenibile, partecipato e duraturo, che parta dalle esigenze delle comunità locali.
 

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      In definitiva, la politica di cooperazione deve seguire un approccio allo sviluppo fondato sui diritti (rights based approach) che, secondo la definizione dell'ONU, presuppone un quadro concettuale centrato sui diritti umani e la sostenibilità socio-ambientale ed è operativamente diretto alla loro tutela e promozione.
      Ne consegue che tutti i diritti (civili, culturali, economici, politici e sociali) andranno considerati come indivisibili, interdipendenti ed universali e che i princìpi, le norme e gli standard del sistema internazionale dei diritti umani andranno integrati nei piani, nelle politiche e nei processi della cooperazione.
      L'approccio fondato sui diritti fa esplicito riferimento ai princìpi di uguaglianza, equità, non-discriminazione e attenzione ai gruppi più vulnerabili, incremento delle capacità locali, responsabilità e partecipazione.
      La politica di cooperazione deve valorizzare i beneficiari, considerandoli detentori di diritti e attori dello sviluppo, rafforzandone le capacità e le conoscenze affinché essi stessi possano cambiare la propria vita, migliorare la propria comunità e scegliere il proprio destino.
      Ciò comporta un elevato livello di partecipazione della società civile, delle donne, dei piccoli produttori, delle minoranze, delle popolazioni indigene e degli altri soggetti dei Paesi partner.
      La cooperazione deve rappresentare uno dei princìpi cardine della politica internazionale dell'Italia, per questo deve essere coerente e permeare altri ambiti quali l'immigrazione, l'ambiente, la sicurezza, i trasferimenti tecnologici, la presenza nelle istituzioni internazionali.
      La cooperazione deve caratterizzare le strategie promosse in ambito commerciale, sia in sede di Organizzazione mondiale del commercio sia a livello regionale e bilaterale, deve ispirare le scelte in ambito finanziario e nelle banche multilaterali di sviluppo, nonché gli interventi a sostegno delle nostre imprese, in particolare tramite la SACE Spa.
      In particolare, è necessario che l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo sia sempre «slegato», vale a dire che le risorse destinate alla cooperazione internazionale non devono essere utilizzate per promuovere interessi strategici, economici o geopolitici del nostro Paese, né per favorire l'export o finanziare le imprese italiane.
      Le politiche di cooperazione dovranno, inoltre, essere nettamente distinte dagli interventi militari. L'impiego delle Forze armate non può mai coincidere con l'intervento umanitario o di cooperazione, che deve essere condotto con personale civile, a garanzia della sua neutralità e indipendenza.
      Occorre anche fare una chiara distinzione tra la cooperazione allo sviluppo e gli interventi di emergenza che seguono modalità proprie, pur in piena coerenza con la prima.
      La politica di cooperazione e di solidarietà internazionale dell'Italia deve guardare all'Europa, così da contribuire a una politica comune e coerente dell'Unione europea verso il resto del mondo. L'Unione europea è, nel suo insieme, l'attore di maggior peso nell'aiuto allo sviluppo e deve poter contare sull'impegno di tutti i Paesi membri a migliorare e a integrare progressivamente le politiche di cooperazione nazionali, così da perseguire una vera «partnership globale per lo sviluppo».
      È dunque urgente rilanciare, sulla scena europea ed internazionale, il ruolo dell'Italia, come attore responsabile e consapevole, che opera in favore della pace, della stabilità, della giustizia, della democrazia, dei diritti umani, del commercio equo e della tutela delle risorse storiche, culturali e ambientali.
      Al fine di rendere efficace ed efficiente la politica di cooperazione, occorre assicurare la gestione unitaria dei fondi, in discontinuità rispetto alla prassi corrente caratterizzata dal moltiplicarsi di centri decisionali e di procedure, con conseguenti difficoltà gestionali e di controllo. Il fondo unico, previsto dalla presente proposta di legge, comprenderà, tra gli altri, i contributi che l'Italia versa ad istituzioni internazionali, quali la Banca mondiale e le altre banche multilaterali di sviluppo. In esso confluiranno anche eventuali risorse
 

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aggiuntive reperite attraverso strumenti innovativi, quali una tassa sulle transazioni valutarie; questi contributi dovranno in ogni caso essere considerati addizionali rispetto all'impegno, già assunto dal nostro Paese, di destinare lo 0,7 per cento del PIL per l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo.
      Analoga distinzione va assicurata per le risorse derivanti dalle misure adottate dall'Italia per la cancellazione o la riduzione del debito estero dei Paesi del sud del mondo, a partire da quanto previsto dalla legge 25 luglio 2000, n. 209; la cancellazione del debito, infatti, si aggiunge e non sostituisce la cooperazione internazionale.
      Una cooperazione efficace ed efficiente presuppone strumenti di controllo, verifica e trasparenza economica e gestionale. La riforma che viene proposta fa tesoro dell'esperienza accumulata nel corso degli ultimi anni e si basa sulle buone pratiche ormai consolidate a livello internazionale, che prevedono il controllo ed il monitoraggio di ogni fase e aspetto delle attività di cooperazione, sia tramite le istituzioni sia garantendo la partecipazione diretta dei beneficiari e dei soggetti che realizzano le attività di cooperazione.
      La cooperazione allo sviluppo non deve produrre nuove forme di dipendenza: ogni intervento deve quindi promuovere le capacità e le risorse umane locali, garantendo che le popolazioni destinatarie siano messe in condizione di partecipare in maniera consapevole, responsabile e trasparente.
      Per questo sarà necessario promuovere un autentico sodalizio con i Paesi destinatari e le loro popolazioni e comunità locali, secondo una logica di uguale dignità e di pari partecipazione alle decisioni e alle politiche.
      Per rilanciare la cooperazione e dare nuovo impulso alle relazioni tra popoli e Paesi, è opportuno valorizzare le nuove forze e i nuovi soggetti che sono emersi nello scenario globale, dall'associazionismo al volontariato, dalle amministrazioni locali ai grandi movimenti di solidarietà e critica alle politiche neoliberiste, nati e consolidati nei forum sociali mondiali e regionali. Proprio per permettere alla molteplicità di soggetti, che oggi fanno cooperazione, di poter accedere ai programmi di finanziamento per la cooperazione e la solidarietà internazionale, il meccanismo attuale dell'idoneità per le organizzazioni non governative verrà sostituito con un criterio di ammissibilità dei programmi, come avviene nelle istituzioni dell'Unione europea.
      Trova spazio, in questo quadro, l'attribuzione alle regioni e agli enti locali del potere di iniziativa e di attuazione nel campo della cooperazione decentrata, nel rispetto, delle finalità e degli indirizzi generali, approvati dal Parlamento e dal Governo. Tale conformità sarà valutata da un'apposita Commissione paritetica che assicurerà il coordinamento e la coerenza degli interventi di cooperazione decentrata.
      La collaborazione tra tutti i soggetti interessati in Italia dovrà andare di pari passo con il coinvolgimento delle popolazioni dei Paesi partner; pertanto, oltre a quello della società civile locale, andrà rafforzato il ruolo dei migranti, vero e proprio cordone ombelicale fra la nostra società e quelle dei Paesi di provenienza. Inoltre dovranno essere valorizzate forme innovative di finanziamento e di relazione tra comunità, quali il microcredito e il commercio equo e solidale.
      Il riordino delle politiche di cooperazione e di solidarietà internazionale presuppone una guida politica unitaria e di peso adeguato, che sappia assicurare la coerenza tra le varie politiche e azioni di cooperazione. Questa funzione può essere assolta da un Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale.
      Compito del Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale sarà quello di programmare e coordinare le attività di cooperazione internazionale che verranno attuate da un ente apposito: l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, nella cui direzione e gestione si ricomporranno differenti e molteplici componenti, sia quelle provenienti dall'amministrazione pubblica dello Stato e delle autonomie territoriali, sia quelle di diretta espressione della società civile.
 

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      In ultimo, la presente proposta di legge si propone di realizzare un migliore coordinamento tra le politiche di cooperazione internazionale e quelle legate all'emergenza umanitaria. Pur essendo necessario mantenere la differenziazione tra le due diverse tipologie, occorre assicurare il collegamento e l'armonizzazione tra gli interventi di emergenza, in caso di crisi o catastrofe umanitaria e ambientale, e gli interventi di più lungo periodo, nell'ambito della cooperazione internazionale e dell'aiuto allo sviluppo.
      La presente proposta di legge si basa sui punti fondamentali di seguito indicati.
      Per esigenze di buona amministrazione, si è ritenuto opportuno distinguere tre momenti fondamentali: l'indicazione delle linee politiche di fondo, con l'identificazione dei Paesi e dei settori prioritari; la programmazione e l'attuazione degli interventi; il controllo e la valutazione del loro impatto.
      La presente proposta di legge consta di sei capi e di trentacinque articoli.
      Il capo I, denominato «Princìpi fondamentali e norme generali» ripropone, all'articolo 1, le finalità della politica di cooperazione allo sviluppo. Quindi, all'articolo 2, si sofferma su quelli che devono essere gli ambiti, rigorosamente definiti, della politica di cooperazione, da non confondere con quelli di altre politiche, per le quali il nostro ordinamento giuridico predispone strumenti specifici. L'articolo 3 configura il quadro direttivo della politica di cooperazione, delineando una «triangolazione» fra Governo, Parlamento ed un ente di nuova istituzione: l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, dotato dei mezzi e delle professionalità necessari a gestire gli interventi. In particolare stabilisce che alla politica di cooperazione allo sviluppo sovrintende il Ministro per la cooperazione e la solidarietà internazionale, il quale sottopone al Consiglio dei ministri, per l'approvazione, un Piano strategico triennale della cooperazione allo sviluppo, contenente gli indirizzi e le finalità di tale politica. Detto Piano è aggiornato ogni anno e viene sottoposto all'approvazione del Parlamento. L'articolo 4 prevede la definizione dei Piani-Paese. L'articolo 5 definisce le attività di monitoraggio e di controllo, fondamentali per garantire la piena trasparenza di tutte le operazioni. Gli articoli 6 e 7 sono dedicati, rispettivamente, ai soggetti beneficiari e agli esecutori dei progetti di cooperazione, mentre gli articoli 8 e 9 disegnano, rispettivamente, l'oggetto e le modalità della politica di cooperazione.
      Sull'importanza di queste ultime, in particolare, non si insisterà mai abbastanza, dato il valore strategico che assumono i Piani-Paese, nei quali inserire organicamente gli interventi. Il capo I si chiude con l'articolo 10, dedicato al necessario coordinamento tra le politiche di cooperazione allo sviluppo e gli interventi di emergenza.
      Il capo II è dedicato alla struttura e alle funzioni dell'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo (articoli 11-19), mentre il capo III (articoli 20-23) disciplina il finanziamento degli interventi, mediante un fondo unico, nel quale sono destinati a confluire gli stanziamenti finora distribuiti in vari capitoli e tabelle del bilancio statale.
      Il necessario concorso della società civile alla progettazione e all'attuazione degli interventi è oggetto del successivo capo IV (articoli 24-26), che è dedicato agli enti senza fini di lucro e allo status dei cooperanti.
      Il capo V (articoli 27-31) si sofferma, poi, su taluni fenomeni che presentano grandi potenzialità: la cooperazione decentrata, la partecipazione degli immigrati, il microcredito, il sostegno e l'adozione a distanza, il commercio equo e solidale.
      Quest'ultimo, in particolare, si presenta come elemento di costruzione di nuovi rapporti economici tra nord e sud del mondo, in quanto instaura relazioni di lunga durata tra i consumatori dei Paesi sviluppati e i gruppi di produttori dei Paesi del sud con l'obiettivo di sostenerne i processi di autosviluppo.
      La proposta di legge si conclude con un capo VI (articoli 32-35), che contiene alcune disposizioni transitorie, destinate a garantire il necessario avvio dei nuovi meccanismi.
 

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